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Come licenziarsi senza perdere il diritto alla disoccupazione

Hai deciso di licenziarti: il tuo vecchio lavoro non ti sta più bene. L’azienda non paga puntualmente gli stipendi, il capo è ostile nei tuoi riguardi e i colleghi sono scansafatiche. Su di te vengono scaricati i compiti più gravosi e lo stress inizia a farsi sentire. Per non perdere la salute per colpa degli altri hai deciso di dare le dimissioni: unica strada per salvaguardare il tuo benessere interiore. Non vuoi però perdere l’assegno di disoccupazione: in parte perché non avresti di ché vivere fino a una nuova assunzione, in parte perché ritieni ingiusto sopportare le conseguenze di un atto dipeso dagli altri. La Naspi del resto nasce proprio con lo scopo di tutelare chi resta senza lavoro non per propria colpa così come, in questo momento, tu ti senti. Fatte queste considerazioni e presa ormai la decisione definitiva, ti chiedi come licenziarsi senza perdere il diritto alla disoccupazione. Se davvero questo è il tuo problema ti dò una buona notizia. Hai ben due modi per ottenere la Naspi anche in assenza di una lettera di licenziamento da parte del datore di lavoro. Si tratta di procedure perfettamente legali che ben si adattano alla tua situazione e ad altre simili.

In questo articolo ti forniremo tutti i chiarimenti necessari a prendere il sussidio di disoccupazione in caso di dimissioni volontarie; ti spiegheremo come fare a scaricare la colpa del tuo licenziamento sull’azienda e a presentare all’Inps la domanda dell’assegno. Ti diremo come orientarti nel caso in cui dovessero sopraggiungere contestazioni e come difenderti. Ma procediamo con ordine.

Chi si licenzia ha diritto alla disoccupazione?

Chi si dimette – è questo il termine corretto per il dipendente che interrompe il rapporto lavorativo – non ha diritto alla disoccupazione, salvo che le dimissioni avvengano per «giusta causa». In buona sostanza, la Naspi non spetta a chi rinuncia al lavoro per volontà propria, per ambizione, per la ricerca di un nuovo posto, perché non si sente più di lavorare a causa di una malattia sopraggiunta o dell’età, perché ha avuto un figlio e decide di badare alla casa, perché non ha ottenuto una promozione in cui sperava, perché l’assegno non gli basta più per vivere, perché il capo gli sta antipatico e ha sempre discussioni con lui, perché ha ricevuto una mensilità dello stipendio con pochi giorni di ritardo. Si tratta infatti di dimissioni volontarie anche se dettate da motivazioni più che valide.

Viceversa ha diritto alla Naspi chi si dimette perché subisce vessazioni e mobbing sul luogo di lavoro, perché viene discriminato rispetto ai colleghi, perché non ottiene promozioni e aumenti quando invece sono riconosciuti a tutti gli altri dipendenti a parità di condizioni, perché il capo gli ha chiesto di rinunciare a una parte dello stipendio per salvare l’azienda, perché gli è stato pagato in ritardo più di uno stipendio, perché non ottiene la retribuzione degli straordinari o delle normali buste paga e ha già accumulato diversi arretrati, perché gli sono state impartite mansioni inferiori rispetto a quelle per cui è stato assunto oppure perché svolge mansioni superiori senza però una modifica dell’inquadramento contrattuale (e della retribuzione), perché i colleghi lo deridono o è stato incolpato ingiustamente, perché sul lavoro non vengono rispettate le misure di sicurezza, perché non gli sono stati concessi i giorni di permesso che gli spettano per legge, ecc. In sintesi, solo chi si licenzia per giusta causa ha diritto alla disoccupazione.

Come si dimostra la giusta causa delle dimissioni?

Nel momento in cui il lavoratore dipendente si licenzia è tenuto a presentare le dimissioni online. Potrà a tal fine indicare, come motivo della cessazione del rapporto di lavoro, le dimissioni per giusta casa. Non viene richiesto di spiegare le specifiche ragioni che hanno portato alla rottura, ma chi vuole può farlo nel campo «note» del modulo.

Allo stesso modo, quando si fa la domanda della Naspi, si è tenuti a indicare solo se le motivazioni risiedono in un licenziamento o in una dimissione per giusta causa. Anche in quest’ultimo caso non viene richiesto alcun “racconto” dei fatti che hanno determinato l’allontanamento del lavoratore. L’Inps però potrebbe contestare la sussistenza della giusta causa e, in tal caso, si aprirebbe un contenzioso. In causa spetterà al dipendente dare prova dei motivi che lo hanno indotto a dimettersi per una valida ragione, attribuibile non a lui ma all’ambiente di lavoro.

Come licenziarsi senza perdere la disoccupazione

Abbiamo appena detto quindi un primo modo per licenziarsi senza perdere la disoccupazione: indicare all’Inps, come causa del recesso, le dimissioni per giusta causa.

C’è però un altro motivo che consente di licenziarsi senza perdere la Naspi e, per quanto ti potrà sembrare paradossale, è del tutto legale e consentito dalla legge. Legge che avevamo a suo tempo criticato nell’articolo Lo Stato tutela i fannulloni. In quella sede abbiamo già spiegato come stanno le cose per chi viene licenziato per giusta causa.

Il sussidio di disoccupazione spetta non solo a chi viene licenziato per motivi aziendali (ad esempio riduzione del personale, fallimento, crisi, cessazione del ramo d’azienda) ma anche per motivi disciplinari (licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo). Significa che il dipendente che si macchia anche di una grave inadempienza o che, in malafede, non compie il suo dovere o che addirittura viene colto a commettere un reato ai danni del datore, e che perciò viene licenziato in tronco, ha diritto a percepire la Naspi. Quindi c’è molta gente che, non avendo validi motivi per rassegnare le “dimissioni per giusta causa”, si fa licenziare. Come? Restando ad esempio a casa per qualche giorno senza inviare certificati medici o giustificazioni, non svolgendo il proprio lavoro correttamente, ribellandosi alle direttive del capo, ecc. Alla luce di tali comportamenti l’azienda avvia il procedimento disciplinare che, nel caso di violazioni gravi (ad esempio l’assenza protratta per molti giorni) può portare alla risoluzione del rapporto. In buona sostanza si viene licenziati e, solo per questo – a prescindere cioè dalle motivazioni – si ha diritto a ottenere la disoccupazione. Senza alcun pregiudizio sul curriculum visto che le ragioni di un licenziamento non figureranno da nessuna parte.

Fonte:laleggepertutti.it