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NASPI E MATERNITÀ: COME FUNZIONA E IMPORTI

La NASpI – Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego è l’indennità mensile di disoccupazione che lo Stato italiano riconosce ai lavoratori dipendenti che perdono involontariamente il lavoro. Quando una lavoratrice resta incinta, però, la Legge prevede che percepisca un altro tipo di sussidio, l’indennità di maternità

Che succede quindi se si resta incinta mentre si è già in disoccupazione? E in quali casi si può avere accesso alla NASpI in gravidanza?

L’indennità di disoccupazione NASpI non subisce modifiche durante la gravidanza, ma viene temporaneamente sostituita da un altro sussidio. Durante i 5 mesi di astensione obbligatoria dal lavoro l’INPS sospende l’erogazione della NASpI e corrisponde alla lavoratrice l’indennità di maternità

Dopodiché, alla fine del “periodo protetto” torna ad erogare la NASpI. Questo almeno vale per le lavoratrici a cui è stato riconosciuto il diritto all’indennità di disoccupazione prima dell’inizio del periodo di astensione obbligatoria previsto dalla Legge.

Ma può anche capitare di perdere il lavoro quando si è già in maternità, oppure di voler presentare delle dimissioni volontarie (possibilmente mantenendo il diritto alla NASpI).

Indennità di disoccupazione e maternità non sempre vanno di pari passo. Ci sono diversi casi possibili:

  • NASpI in maternità per chi già percepisce la disoccupazione: in questo caso la NASpI viene sospesa per 5 mesi, durante i quali viene sostituita dall’indennità di maternità;
  • indennità di maternità e disoccupazione (senza NASpI): se si perde il lavoro all’inizio del periodo di astensione obbligatoria, non si ha diritto alla NASpI ma in alcuni casi si accede all’indennità di maternità;
  • le dimissioni volontarie in gravidanza: le dimissioni volontarie non danno diritto alla NASpI, ma se ci si dimette nel “periodo protetto” della gravidanza la situazione cambia.

In tutti i casi, fattore decisivo è rappresentato dall’inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, previsto dal D. Lgs 151/01 per le donne in gravidanza. Prima di vedere più nel dettaglio i singoli casi in esame, quindi, facciamo chiarezza sul “periodo protetto”.

Per la Legge italiana, la lavoratrice dipendente in stato di gravidanza ha diritto a un periodo di congedo di maternità, corrispondente al periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, della durata di 5 mesi.

La lavoratrice ha la facoltà di astenersi dal lavoro nei due mesi precedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi alla data effettiva del parto. Come precisa l’INPS, però, le lavoratrici “possono scegliere di ritardare di un mese l’assenza dal lavoro prima della data presunta del parto, usufruendo della “flessibilità” e prolungando così a quattro mesi il periodo di congedo dopo il parto”.

La data d’inizio del periodo di congedo obbligatorio è un fattore determinante ai fini della NASpI, poiché è a partire da essa che scatta la sostituzione dell’assegno di disoccupazione con l’indennità di maternità. 

La data d’inizio della maternità, inoltre, segna l’avvio del “periodo protetto” in cui subentra il divieto di licenziamento, cosa che ha importanti ripercussioni sia in caso di licenziamento sia in caso di
dimissioni volontarie della lavoratrice.

NASpI in maternità: come funziona per chi già percepisce la disoccupazione

In base all’art.17 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, la lavoratrice madre ha diritto all’indennità giornaliera di maternità se, all’inizio del periodo di astensione obbligatoria, risulta disoccupata e in godimento della NASpI

In questo caso, l’assegno di disoccupazione viene semplicemente sostituito, per i 5 mesi del periodo protetto, dall’indennità di maternità, pari all’80% della retribuzione giornaliera (che viene calcolata sulla base dell’ultima busta paga prima dell’inizio del congedo).

Alla scadenza dei 5 mesi si torna a percepire la NASpI. Lo stato di disoccupazione non prevede prolungamenti dell’indennità di maternità: se si percepisce la NASpI non si ha diritto al congedo parentale (la cosiddetta maternità facoltativa), che permette alle donne lavoratrici con contratto in essere di astenersi per altri 6 mesi percependo il 30% dello stipendio.

Perdita del lavoro in gravidanza: quando si ha diritto alla NASpI?

Se si perde il lavoro in gravidanza, la data d’inizio del periodo protetto è ancora più decisiva. Come si legge nel Decreto Legislativo del 26 marzo 2001, n. 151, le lavoratrici gestanti che si trovano sospese o disoccupate all’inizio del periodo di congedo di maternità sono “ammesse al godimento dell’indennità giornaliera di maternità”, ma solo in certi casi.

Se la domanda NASpI non va a buon fine, si può mantenere il diritto all’assegno di maternità nel caso in cui tra l’interruzione del rapporto di lavoro e l’inizio del periodo di astensione obbligatoria siano trascorsi meno di 180 giorni.

Anche in questi casi, l’importo della retribuzione NASpI non cambia né in gravidanza né dopo, mentre quello dell’indennità di maternità spettante nei 5 mesi di astensione corrisponde all’80% della paga giornaliera della lavoratrice.

Dimissioni in gravidanza: si può accedere alla NASpI?

Le dimissioni volontarie in linea generale non danno diritto all’indennità di disoccupazione. Esistono però dei casi specifici in cui le dimissioni permettono di accedere all’indennità NASpI, e uno di questi è legato alla gravidanza.

Per accedere alla NASpI, in ogni caso, è richiesto che il lavoratore abbia maturato, negli ultimi 4 anni, almeno 13 settimane di contributi, e questo vale anche per le lavoratrici che intendano dimettersi nel periodo tutelato o nell’anno successivo al parto.

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